Sono manifestamente inammissibili le questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 23, comma 1, e 24, comma 1, l. reg.
Lombardia 8 agosto 1998, n. 14, censurati per violazione degli artt. 42, comma
3, e 117, comma 1, cost., in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale
alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, nella parte in cui prevedono, rispettivamente, a proposito di
coltivazione di sostanze minerali di cava, che in caso di concessione del giacimento
a terzi, al titolare del diritto sul giacimento medesimo sia corrisposto, per
il periodo di durata della concessione, un indennizzo annuo pari al 30 per
cento del valore agricolo delle aree delimitate nel provvedimento di
concessione, determinato ai sensi delle leggi statali, e che il titolare del
diritto sul giacimento, benché diffidato ai sensi dell'art. 22, comma 2, della
stessa legge regionale, ove ritenga di non presentare domanda di autorizzazione
alla coltivazione, possa far pervenire, a chi abbia presentato la richiesta di
coltivazione del giacimento, una proposta irrevocabile di cessione temporanea
del diritto di scavo, ad un compenso annuo pari al 30 per cento del valore
agricolo delle aree interessate dal giacimento. La questione relativa all'art.
24, comma 1, risulta priva di adeguata motivazione sulla rilevanza, dal momento
che detta disposizione, censurata “per le medesime ragioni” prospettate a
proposito dell'art. 23, comma 1, riguarda l'ipotesi della volontaria cessione
temporanea del diritto di scavo da parte del titolare del diritto sul
giacimento, diversa e alternativa rispetto a quella di cui al predetto art. 23,
sulla cui base, invece, è stato adottato il provvedimento di concessione di cui
si controverte nel giudizio a quo. Inoltre, il giudice rimettente — limitandosi
a lamentare che il previsto criterio di indennizzo non consenta al titolare del
diritto sul giacimento, gravato dell'onere della concessione a terzi, di
ottenere, per il suo sacrificio, un “serio ristoro” o un corrispettivo
“ragionevole” — formula un petitum privo di indicazioni di tipo emendativo,
devolvendo alla Corte il compito di prescegliere, fra le molteplici soluzioni
astrattamente ipotizzabili, quella da adottare come risolutiva delle
problematiche enunciate. Tale indeterminatezza finisce per risolversi nella
richiesta di una non consentita invasione della sfera della discrezionalità
legislativa, in assenza di criteri univoci di commisurazione che rendano una
specifica opzione come costituzionalmente imposta.